Questa sezione raccoglie tutte le risposte alle domande poste dagli insegnanti prima dell’implementazione delle tecniche della Didattica delle Emozioni.

Come inserire le tecniche della Didattica delle Emozioni nei programmi scolastici?

È importante che la Didattica delle Emozioni sia inserita nella routine scolastica. Alcune scuole integrano già l’educazione emotiva nei programmi con lezioni dedicate, tuttavia la maggior parte degli istituti non può permettersi questo lusso.

Ad ogni modo, gli insegnanti dovrebbero tenere conto delle seguenti opzioni a loro disposizione:

  • Dedicare del tempo all’educazione emotiva prima delle lezioni: è possibile avviare una breve discussione o implementare le tecniche della Didattica delle Emozioni prima dell’inizio delle lezioni. Basta che l’insegnante chieda agli allievi di arrivare con 15 minuti di anticipo. Questo provvedimento può funzionare con gli allievi più piccoli (fino ai 10 anni), perché basta concordare il nuovo orario con i genitori che accompagnano i figli a scuola. Tale accorgimento ha funzionato in molti casi; consente di iniziare la mattina con più carica.
  • È possibile implementare le tecniche della didattica delle emozioni fra una lezione e l’altra o nel corso dell’intervallo, anche se solo occasionalmente. Le pause sono importanti per i bambini, per questo consigliamo di utilizzarle solo nel caso in cui insorgano dei problemi. Gli allievi sono più inclini a privarsi del loro tempo libero se gli insegnanti sono pronti a raggiungere dei compromessi.
  • Dedicare del tempo all’educazione emotiva al termine delle lezioni: se l’orario scolastico è particolarmente pesante, suggeriamo agli insegnanti di implementare le tecniche della Didattica delle Emozioni al termine delle lezioni. È importante trovare degli orari che vadano bene a tutti gli allievi. Nel caso in cui non sia possibile trovare un accordo, sconsigliamo di svolgere queste attività solo con un piccolo gruppo di allievi, dal momento che si potrebbero creare delle spaccature all’interno del gruppo. Tuttavia, una soluzione potrebbe essere quella di offrire un corso extra-curriculare di Didattica delle Emozioni che coinvolga un gruppo più ampio, con allievi di classi diverse, per permettere loro di lavorare sulla loro intelligenza emotiva.
  • Nel corso delle lezioni dell’insegnante-coordinatore di classe: nella maggior parte delle scuole gli insegnanti-coordinatori hanno a disposizione delle ore da dedicare alle dinamiche di classe. Potrebbe essere opportuno servirsi in questa sede delle tecniche della Didattica delle Emozioni, l’insegnante-coordinatore vedrà crescere il senso di comunità permettendo ai propri alunni parlare delle loro emozioni
  • Gite di classe: è possibile dedicarsi alla Didattica delle Emozioni nel corso di gite ed escursioni. Questa aiuterà gli allievi ad avvicinarsi gli uni agli altri e a costruire un miglior rapporto con l’insegnante – senza tener conto delle potenziali ricadute sull’intelligenza emotiva. Ad esempio, una versione modificata dell’appello delle emozioni può essere utilizzata per ingannare l’attesa di un bus e parlare delle emozioni provate all’inizio e al termine della gita.
  • Nel corso delle lezioni: nella maggior parte dei casi, è più semplice rivolgersi agli allievi nel corso delle lezioni. Sebbene sembri difficile incorporare le tecniche della Didattica delle Emozioni, queste – in realtà – riservano numerosi vantaggi: se gli allievi sono poco motivati, anche il loro rendimento ne risentirà. Gli insegnanti che si sono serviti della Didattica delle Emozioni, dedicando anche solo 10 minuti del loro tempo a un’attività, hanno aiutato i loro allievi a concentrarsi e hanno riscontrato degli importanti miglioramenti. È possibile, inoltre, implementare le tecniche della Didattica delle Emozioni nel corso delle lezioni adattandole in base al tema trattato.

Di seguito, presentiamo una serie di spunti:

  • Biologia: è possibile inserire l’attività Corpo ed emozioni (tecnica n°10) nel corso di una lezione sul corpo umano. Gli allievi potrebbero creare dei videoclip sul tema del corpo e delle emozioni (tecnica n°9), oppure utilizzare La scatola o l’appello delle emozioni (aggiungendo la domanda “in quale parte del corpo avverti questa emozione?”). Gli insegnanti di scienze potrebbero anche pensare di approfondire il tema della biologia delle emozioni con la classe.
  • Letteratura: le emozioni sono una parte fondamentale della letteratura. Quando si crea una lezione di questo tipo (su Romeo e Giulietta, ad esempio, come avvenuto nel corso della fase di sperimentazione) si possono inserire le attività della Didattica delle Emozioni, come il Gioco delle associazioni e il Collage delle emozioni (tecnica n°4 e 5). Gli insegnanti possono servirsi di pupazzi e marionette per interpretare parti del testo che stanno leggendo, ricostruendo la trama e cercando di porre in evidenza i sentimenti provati dai personaggi. È importante, inoltre, riflettere sui sentimenti che la storia ha suscitato negli allievi, a questo scopo suggeriamo di utilizzare il sacchetto delle emozioni, l’appello delle emozioni o il cartellino delle emozioni.
  • Storia: come la letteratura, anche la storia ha una componente narrativa, in cui le emozioni hanno un posto importante. Concentrarsi sulle emozioni, attraverso – ad esempio – la creazione di brevi video, aiuterà gli allievi a riflettere sui loro sentimenti.
  • Chimica: anche se il collegamento potrebbe apparire improbabile, le emozioni hanno una componente biochimica: per questo è possibile parlare di emozioni nel corso di una lezione di chimica. In alternativa, è possibile fare un parallelismo fra legami molecolari e legami umani.
  • Lingue straniere: è semplicissimo integrare le tecniche della Didattica delle Emozioni nel corso delle lezioni di lingua! Gli allievi arricchiranno il loro vocabolario riflettendo sui propri sentimenti e sulle loro storie personali.
  • Educazione fisica: nel corso di una lezione di educazione fisica si possono svolgere tutte le attività che prevedono l’uso del movimento (ad esempio, Il treno delle emozioni).

Come dimostra l’elenco qui sopra, le emozioni sono profondamente connesse a tutte le aree delle nostre vite, quindi – con un po’ di creatività – è possibile connettere alla Didattica delle Emozioni ad altri temi ed argomenti. Perciò, buttati!

Come facilitare le discussioni sulle emozioni? Su quali aspetti bisogna concentrarsi?

La comunicazione è fondamentale, specie quando si parla di emozioni e sentimenti. Essere capaci di instillare nei bambini la fiducia necessaria ad aprirsi è essenziale. Secondo Carl R. Rogers, noto psicologo clinico,  compito degli educatori creare un’atmosfera in cui gli studenti si sentano liberi di esprimersi, senza aver paura del giudizio altrui o di essere attaccati. L’atmosfera giusta è essenziale per una corretta educazione emotiva.

Il modello della comunicazione non-violenta di Marshall Rosenberg[1] può tornarci utile per riflettere sul nostro modo di comunicare. Rosenberg ha descritto due diverse modalità di comunicazione: il linguaggio sciacallo e il linguaggio giraffa. Gli sciacalli guardano a qualunque interazione sociale attraverso le lenti del potere, pertanto comunicano in due modi: se il loro interlocutore è più debole, lo attaccano; se, invece, il loro interlocutore è più forte, desistono rapidamente. Al contrario, le giraffe sono grandi e gentili – anche se potrebbero distruggere il loro “nemico” sferrandogli un solo calcio, non lo fanno mai. Esistono, dunque, due diversi modi di comunicare: uno violento e uno non violento.

Sebbene sia del tutto naturale e, a volte, persino appropriato comunicare servendosi del linguaggio sciacallo, quando ci sono di mezzo le emozioni, è bene ispirarsi alle giraffe. Per questo, è necessario seguire le seguenti indicazioni:

  1. Osservazione – non interpretare, osserva i comportamenti altrui (sii preciso/a!) (Hai riso, quando ti ho chiesto di andare fuori).
  2. Sentimenti – parla delle sensazioni che provi (“Mi hai fatto sentire solo/a e inutile”)
  3. Bisogni – parla dei tuoi bisogni (“Vorrei che mi prendessi sul serio”)
  4. Domande – Chiedi ciò di cui hai bisogno (“La prossima volta che propongo qualcosa, ascoltami, così possiamo riflettere insieme”).

A questo proposito suggeriamo di seguire il metodo elaborato da Thomas Gordon[2]. Questo si basa su presupposti simili a quello di Rosenberg: bisogna prestare attenzione ai propri sentimenti per comunicare in maniera efficace. Per questa ragione, bisogna rimuovere le barriere che ostacolano la comunicazione ed impediscono alle persone di condividere le loro emozioni, e utilizzare le tecniche di ascolto attivo.

Di seguito, presentiamo alcuni ostacoli alla comunicazione:

  • Ordinare: quando dai degli ordini a qualcuno, eserciti su di lui/lei il tuo potere. Ciò potrebbe spingere il tuo interlocutore a litigare con te.
  • Minacciare: Chi si sente sotto attacco si richiude in sé stesso. Potrà cambiare il suo comportamento, ma a lungo andare questa strategia influirà negativamente sui tuoi rapporti interpersonali.
  • Fare la predica: se fai la predica al tuo interlocutore mentre parla dei propri sentimenti, questi potrebbe sentirsi umiliato.
  • Consigliare: se dai dei consigli a delle persone che si trovano ad affrontare dei problemi molto gravi, potresti ottenere lo stesso effetto sortito da un ammonimento. Il tuo interlocutore potrebbe sentirsi uno stupido per non essere riuscito a trovare la soluzione giusta.
  • Offrire il proprio punto di vista: se qualcuno ti parla dei suoi sentimenti, e – per tutta risposta – gli/le cominci a raccontare di un episodio che è capitato a te, dimostri di non essere davvero interessato a lui/lei, perché preferisci attirare l’attenzione su di te.
  • Argomentare: le argomentazioni logiche sortiscono degli effetti simili ai consigli in queste situazioni. Una persona sopraffatta dalle proprie emozioni non è capace di ascoltare la voce della ragione. Questo atteggiamento non è, dunque, affatto produttivo.
  • Incoraggiare: l’incoraggiamento può essere utile in certe situazioni. Se qualcuno, però, ti confessa di essere triste e tu gli/le rispondi con un “Su col morale”, potrebbe non sentirsi autorizzato a provare quelle sensazioni.
  • Criticare: “Forse, hai commesso degli errori” – criticare il nostro interlocutore in questo modo, potrebbe spingerlo sulla difensiva.
  • Scherzare: se ti prendi gioco delle emozioni di qualcuno, potresti ferirlo e spingerlo a chiudersi in sé stesso.
  • Etichettare: etichettando il tuo interlocutore, ne sminuisci il valore. Potrebbe rifiutarsi di condividere con te le sue emozioni.

Se evitare le barriere presentate qui sopra è importante, lo è ancor di più dimostrare di essere interessati e pronti ad ascoltare le parole del nostro interlocutore.

Di seguito, presentiamo una serie di suggerimenti che ti aiuteranno a migliorare la tua capacità di ascolto attivo:

  • Rispecchiamento (“Ho visto che eri a disagio per non essere riuscito a finire in tempo”): Quando ti servi delle tecniche di rispecchiamento, non devi far altro che descrivere a parole l’atteggiamento del tuo interlocutore. Non devi dare una tua interpretazione, ma limitarti a fare delle osservazioni. Non importa che le tue osservazioni siano esatte, perché possono essere corrette in qualunque momento.
  • Domande a risposta aperta (“Che cosa ne pensi del cambiamento di programma?”): Se desideri saperne di più su un argomento, devi imparare a formulare domande che prevedano una risposta aperta e che consentano agli altri di condividere i loro sentimenti. Non dare mai al tuo interlocutore la possibilità di rispondere con un sì o con un no.
  • Parafrasi (“Quindi, stai dicendo di esserti annoiato nel corso del gioco.”): parafrasare i commenti altrui ti aiuta a capirli fino in fondo, e a dare agli altri la possibilità di descrivere in maniera dettagliata i loro sentimenti.
  • Auto-riflessione (“Anch’io mi arrabbio, quando non mi ascoltano”): ricorda che condividere in maniera discreta i tuoi sentimenti, facilita la discussione. È importante che tu cerchi di non attirare troppo l’attenzione su di te (raccontando un intero episodio), ma devi mostrare di essere vicino/a al tuo interlocutore.
  • Riassumere: Riassumere ciò che è stato detto nel corso della conversazione aiuta le persone a comprendere ciò che è accaduto e ad ottenere maggiori informazioni.
  • Informare: A volte puoi aiutare il tuo interlocutore fornendo maggiori informazioni su un argomento complesso. In questo modo, troverai una rapida soluzione ai problemi.

Quando si lavora con gruppi di studenti, è bene stabilire alcune regole di base. Potrebbe non essere semplice all’inizio, soprattutto per chi non è abituato a comunicare in questo modo. Il nostro ruolo di educatori ci costringe ad assumerci questa responsabilità. Si tratta di una sfida: il nostro obiettivo è di gestire le risposte emotive degli allievi ed essere consci dell’eventualità di dover essere chiamati a facilitare la discussione nel corso e durante le attività. Gli studenti devono imparare a vivere le loro emozioni, senza ferire nessuno.

[1] Rosenberg, Marshall (1995). Words Are Windows Or They’re Walls. – Nonviolent Communication: Varighed 145 Min. Create Your Life – Productions

[2] Gordon, Thomas – Burch, Noel (1974). Teacher Effectiveness Training, P. H. Wyden

Cosa fare quando insorgono delle difficoltà?

Molti insegnanti non vogliono che gli allievi parlino delle loro emozioni, per paura che queste inneschino delle dinamiche che sarebbero incapaci di gestire. Gli insegnanti spesso si sentono impotenti di fronte a bambini che piangono mentre condividono le loro difficili storie personali. È del tutto normale. È importante riconoscere i propri limiti – per alcuni di noi, è semplice mediare in situazioni di conflitto, per altri no.

Quando si parla di emozioni, può capitare di riportare a galla situazioni difficili. Non succede però così spesso. Nella maggior parte dei casi sono gli allievi a decidere cosa condividere con gli altri o con l’insegnante. Quando parlano di situazioni gravi e complesse, lo fanno perché hanno bisogno di aiuto. Rispondere con il voto di 1 all’appello delle emozioni o scrivere dei messaggi su dei problemi pressanti ed imbucarli nella cassetta della posta, costituiscono delle richieste di aiuto.

Se succede, è fondamentale non lasciarsi prendere da panico. Basta servirsi delle tecniche di ascolto attivo menzionate poco prima: stare in silenzio ed ascoltare, utilizzare le tecniche di rispecchiamento e di osservazione, ecc. Se i tuoi allievi vogliono parlarti di qualcosa che li mette a disagio, è essenziale che tu dedichi loro tutta la tua attenzione. Questo piccolo gesto aumenta il loro senso di sicurezza e li aiuta a confrontarsi con le loro emozioni, a rientrare in contatto con loro stessi e ad avvicinarsi gli uni agli altri (non dimenticare le barriere della comunicazione! Dare dei consigli o condividere la propria esperienza personale può essere deleterio in alcuni casi).

Se la situazione o il problema che ti viene presentato è particolarmente complesso, o noti che uno dei tuoi allievi è stato maltrattato, ha subito degli abusi, è depresso o soffre di gravi disturbi mentali, rivolgiti a un esperto. La maggior parte delle scuole si avvalgono di psicologi. In alternativa contatta dei centri specializzati. Se noti dei segni di violenza (lividi da percosse) o di maltrattamenti (malnutrizione, cattiva igiene personale), informa immediatamente il preside e concordate insieme i provvedimenti da intraprendere.

Se non sai cosa fare, rivolgiti a dei centri di supporto e tutela dei minori nel tuo Paese. Il numero europeo è il 116-111, ti consigliamo, in ogni caso, di verificare quello attivo sul tuo territorio nazionale. Ti diranno loro cosa fare e a chi rivolgerti.